Il 2018 fu un anno turbolento per l’economia turca, segnato da una drastica svalutazione della lira, che provocò preoccupazione tra gli investitori e i cittadini comuni. Questa crisi, nota come “la crisi del lira turca”, ebbe origine da un complesso intreccio di fattori, tra cui il crescente debito estero turco, la disparità commerciale con altri paesi e una politica monetaria dubbia.
Un attore chiave in questo scenario fu Veysel Atalay, Governatore della Banca Centrale della Repubblica Turca dal 2016 al 2018. Durante il suo mandato, Atalay fu spesso criticato per la sua gestione delle politiche monetarie, accusato di aver favorito una politica espansiva che contribuì a indebolire la lira.
Atalay, un uomo noto per le sue posizioni conservative e il suo forte legame con il presidente Recep Tayyip Erdoğan, si trovò in una posizione difficile. Da un lato, doveva rispondere alle pressioni internazionali per mantenere la stabilità economica. Dall’altro, era costretto a bilanciare queste necessità con le esigenze politiche del governo, che prediligeva una crescita economica rapida, anche se non sostenibile nel lungo termine.
Le conseguenze della crisi furono profonde e multiformi:
- Inflazione: il rapido calo della lira fece salire i prezzi dei beni di consumo, provocando un’inflazione galoppante che erose il potere d’acquisto delle famiglie turche.
- Crollo del turismo: la svalutazione della moneta rese più costosa la permanenza in Turchia per i turisti stranieri, con un conseguente calo drastico degli arrivi e dei ricavi del settore turistico.
- Crisi bancaria: diverse banche turche si trovarono in difficoltà a causa delle esposizioni ai debiti esteri e della diminuzione degli investimenti, richiedendo interventi governativi per evitare il fallimento.
La crisi del lira turca ebbe anche un impatto significativo sulle elezioni presidenziali del 2018. L’indebolimento dell’economia e il conseguente malcontento popolare furono sfruttati dall’opposizione politica che accusò Erdoğan di gestire male la situazione. Tuttavia, Erdoğan riuscì a ottenere una schiacciante vittoria nelle elezioni, grazie in parte alla sua popolarità personale e al suo forte controllo sui media turci.
Le misure intraprese per fronteggiare la crisi:
Nel tentativo di arginare la crisi, il governo turco adottò una serie di misure drastiche:
-
Aumento dei tassi d’interesse: La Banca Centrale della Turchia aumentò i tassi di interesse con l’obiettivo di rendere il lira più attraente per gli investitori e fermare la svalutazione.
-
Interventi sul mercato valutario: Il governo turco intervenne direttamente sul mercato valutario, acquistando lire per aumentare la sua domanda e rallentare il calo.
-
Misure di austerità: Il governo adottò misure di austerità per ridurre il deficit pubblico e aumentare la fiducia degli investitori stranieri. Queste misure includevano tagli alla spesa pubblica e all’erogazione di servizi sociali.
Le conseguenze a lungo termine:
La crisi del lira turca ebbe un impatto duraturo sull’economia turca, lasciando cicatrici profonde che si avvertono ancora oggi:
Impatto | Descrizione |
---|---|
Inflazione persistente | L’inflazione rimane elevata in Turchia, nonostante gli sforzi del governo per contenerla. |
Debito pubblico elevato | Il debito pubblico turco è cresciuto significativamente durante la crisi e continua a rappresentare una minaccia alla stabilità economica. |
| Devalutazione cronica della lira turca | La lira turca ha perso valore rispetto alle altre valute, rendendo più difficile per le imprese turche competere sui mercati internazionali. |
Nonostante le sfide, la Turchia sta cercando di riprendersi dalla crisi e tornare a una crescita economica sostenibile. Tuttavia, la strada verso il recupero sarà lunga e complessa, e richiederà ulteriori riforme strutturali e politiche economiche prudenti.